Abbiamo già parlato di Oshogatsu, il Capodanno giapponese, in questo vecchio post, ma qual è l’origine di quella che viene considerata la più importante celebrazione dell’anno in Giappone?
I riti del Capodanno tradizionale giapponese sono legati alla tradizione più arcaica del Giappone, che tuttavia nel corso dei secoli ha subito diverse modifiche e stratificazioni, legate alla sovrapposizione del calendario agricolo, quello più antico, e il calendario lunisolare di origine cinese.
Da sempre veniva considerato uno dei momenti più importanti dell’anno, e l’intero insieme rituale del capodanno tradizionale era scaglionato su un periodo di circa quattro settimane, costituendo così il cerimoniale più articolato e lungo dell’anno.
Secondo la tradizione, infatti, i preparativi cominciavano a partire dal 13° giorno del dodicesimo mese, per concludersi infine il 15 gennaio, giorno in cui si festeggia l’antico capodanno del calendario agricolo, chiamato koshōgatsu「小正月」 il piccolo capodanno. Tutto questo periodo di festa fino all’epoca Edo (1603-1868) veniva chiamato matsu no uchi 「松の内」 il “periodo del pino”, considerato di buon auspicio e utilizzato nelle decorazioni per il nuovo anno (oggi con questo termine ci si riferisce soltanto ai primi 7 giorni dell’anno nuovo).
Attualmente, con l’adozione del calendario gregoriano, il Capodanno si celebra ufficialmente il 1 gennaio con il nome si Oshōgatsu, ma sono festivi di solito anche i giorni 29-30-31 dicembre, che servono per prepararsi ad accogliere il nuovo anno, e i primi 3 giorni di gennaio, chiamati Shōgatsu sanganichi 「正月三が日」. Tutto questo periodo di festa viene chiamato nenmatsu nenshi「年末年始」letteralmente “fine anno – inizio anno”.
Il calendario tradizionale giapponese
I riti di dicembre
Diamo dunque uno sguardo al calendario tradizionale giapponese dei festeggiamenti per il nuovo anno. Questi si inseriscono al termine dei rituali dell’autunno, strettamente connessi al raccolto, che segnano la fine dei riti più strettamente agricoli.
Il periodo rituale del Capodanno si apre tradizionalmente il giorno tredici del dodicesimo mese; tuttavia, già l’ottavo giorno del dodicesimo mese segna una prima e importante celebrazione, che ci introduce all’inizio di questo periodo sacro, che coincide con la tradizionale stagione morta dal punto di vista lavorativo
Con l’8 dicembre (del calendario odierno), si celebra koto yōka「事八日」giorno in cui ci si dedica alle “faccende” (koto) per il nuovo anno. La tradizione, come sempre, affonda nelle radici agricole del paese, quando nella notte dell’ottavo giorno del dodicesimo mese, per allontanare Hitotsume-kozō, il monaco da un occhio solo che scendeva dalle montagne, c’era l’usanza di mettere un cesto di bambù sulle grondaie della casa.
Le persone in questa giornata rimanevano confinate in casa, per paura degli yōkai portatori di sventure: Hitotsume-kozō girava per le case munito di un taccuino, dove annotava chi aveva chiuso casa in maniera appropriata e chi no. Questo taccuino veniva poi affidato al Dōsojin, la divinità protettrice delle strade e dei confini, la cui funzione era quella di tenere lontani dai villaggi le epidemie e gli spiriti maligni esterni, fino all’ottavo giorno del secondo mese, da tradizione il secondo koto yōka dell’anno, quando il taccuino veniva infine bruciato, per allontanare le negatività.
L’8 dicembre, nella regione del Kansai, è anche il giorno in cui si svolge lo Harikuyō「針供養」rito funebre dedicato agli aghi da cucito rotti (che nella zona di Tokyo si svolge invece l’8 febbraio), allo scopo di rendere grazie agli aghi per il lavoro svolto e pregare per loro, onde evitare si trasformino in spiriti maligni.
Ma è il 13 dicembre che secondo la tradizione segnerebbe l’inizio ufficiale dei riti di Capodanno, il giorno del susu harai, 「すす払い」le tradizionali pulizie di fine anno.
In questa giornata, l’usanza voleva che si confezionassero i primi kagami mochi「 鏡餅 」(i dolci di pasta di riso a forma di specchio) per le celebrazioni di fine anno e che il capofamiglia si recasse sulla montagna a tagliare i rami di pino, usati per le decorazioni di casa e per accogliere la divinità dell’anno (toshigami「年神」). Soprattutto, questa era la giornata dedicata alle grandi pulizie degli altari domestici, lo “spazzare via la fuliggine” (susu harai). Si tratta di un rito di purificazione che serve a eliminare “la sporcizia” dell’anno appena trascorso, in modo da purificare la casa, e renderla accessibile alla divinità. La stessa scopa usata per le pulizie era considerata come un simbolo divino, e da tradizione andrebbe bruciata al termine delle celebrazioni del nuovo anno con il falò rituale.
Oggi, questa giornata è dedicata alla pulizia dei templi e santuari, che si preparano ad accogliere la divinità dell’anno nuovo: si provvede alla pulizia di tutti gli spazi con attrezzi in bambù e paglia.
Chi è la divinità dell’anno?
Il toshigami è il dio dell’anno nuovo, solitamente associato alla divinità della montagna che scende nella risaia in primavera, e che rappresenterebbe un aspetto particolare degli antenati.
Non esistono delle raffigurazioni del toshigami, sebbene spesso la sua immagine si faccia coincidere con quella della “vecchiaia”: quindi viene associato a una vecchia dai capelli bianchi che porta ai bambini denaro e dolci di riso, oppure a un vecchio che sul dorso di un cavallo agita un campanaccio.
La rappresentazione più comune è legata allo zodiaco cinese, che lo fa apparire come una divinità antropomorfa che viene dalla “direzione favorevole” (eho).
I riti di preparazione del Capodanno servono appunto ad accogliere la divinità, quindi ci si prepara alla realizzazione degli shimezakari, le decorazioni di fine anno, all’allestimento del kadomatsu, il pino di fine anno, oltre alla predisposizione dell’altare dell’anno nuovo (toshidana). Tutti questi preparativi tradizionalmente iniziano subito dopo le grandi pulizie, e andrebbero terminati entro il 28 dicembre, giorno del goyō osame「御用納」l’ultimo giorno lavorativo dell’anno. In ogni caso, sarebbe bene terminare tutte le preparazioni entro la vigilia del primo dell’anno, perché “il pino di una sola notte (ichiya matsu)” porta male!
Quando il dio dell’anno arriva, nella notte di inizio anno nuovo, ai rami predisposti all’esterno, si offrono ogni giorno degli alimenti e i tradizionali dolci a base di riso (kagami mochi).
Il 30 dicembre segna il giorno dell’Ōharae 「大祓」la grande purificazione: è la giornata dedicata alle cerimonie di purificazione dei santuari shintō. Con questo rituale ci si deve espiare dai peccati commessi durante l’anno, e si prega per la propria salute e fortuna per l’anno nuovo, passando attraverso un cerchio di graminacee chiamato chinowa 「茅の輪」. La stessa cerimonia si ripete anche durante l’estate, il 30 giugno.
Invece, il 31 dicembre è il giorno di Ōmisoka 「大晦日」l’ultimo giorno dell’anno, in cui ci si prepara per congedarsi dall’anno che sta finendo e ad accogliere il toshigami. Per l’occasione, si consuma la tradizionale soba di fine anno di buon auspicio, e ci si reca in preghiera al tempio, dove suonano i 108 rintocchi delle campane, secondo la tradizione buddhista (va ricordato che ancora oggi è forte il sincretismo religioso tra riti shinto e buddhisti che confluiscono tra loro, in un insieme rituale decisamente complesso ed articolato).
I riti di gennaio
Con il termine matsu no uchi「松の内」ci si riferisce ai primi 7 giorni dell’anno nuovo: in questi giorni è consuetudine esporre nei templi, case e negozi le tipiche decorazioni fatte di rami di pino (松 matsu) considerate di buon auspicio per il passaggio all’anno nuovo, e dove dimora la divinità dell’anno.
Il 1 gennaio è il giorno di Oshōgatsu 「お正月」il primo giorno dell’anno nuovo. L’inizio del nuovo anno è dedicato alla prima visita al tempio, o al santuario, secondo la tradizione dello hatsumōde「初詣」. Nei santuari shinto è tradizione acquistare la tipica freccia impiumata di bianco (hamaya) che per tutto l’anno dovrà cacciare i mali da casa.
Tradizione del primo giorno dell’anno è consumare l’Osechi ryōri「お節料理」una selezione di cibi tipici considerati di buon auspicio: il gambero e l’alga kombu, simbolo di ricchezza e prosperità; le uova di aringa, simbolo di fertilità; i fagioli neri, simbolo di salute e propiziatori per il lavoro; il daikon, emblema di longevità; le castagne cotte con zucchero, simbolo di successo e prosperità. Inoltre, è tradizione bere, in coppe speciali, un particolare tipo di sake speziato chiamato Toso, che si riteneva in grado di guarire ogni malattia. Infine, si mangia lo ozōni 「お雑煮」 una zuppa di mochi simbolo di prosperità (il mochi infatti è a base di farina di riso, considerato alimento fondamentale, in grado di dare l’energia vitale necessaria agli uomini per il proseguimento della vita).
Una delle tradizioni più amate dell’inizio dell’anno è l’otoshidama「お年玉」i soldi che si regalano per le feste. Si tratta infatti di una busta, chiamata pochibukuro, che contiene denaro e che viene regalata ai bambini dai familiari (genitori, nonni, zii o anche vicini di casa).
È un’usanza che trae origine dal rituale dei kagami mochi che venivano offerti al toshigami, la divinità dell’anno. Infatti, in passato i mochi di fine anno erano chiamati toshidama, e durante le festività di Capodanno, venivano date dai genitori ai figli. Col tempo, i mochi sono stati sostituiti da regali (giochi in legno e carta) e infine dai soldi.
Il 7 gennaio è il giorno del nanoka shōgatsu 「七日正月」o jinjitsu「人日」il Capodanno del settimo giorno. Jinjitsu è una delle cinque festività più importanti secondo il calendario tradizionale giapponese, conosciuto anche come nanakusa no sekku 「七草の節句」il giorno delle sette erbe. Questo deriva dall’antica tradizione per cui nel settimo giorno del primo mese si mangia il nanakusa gayu, riso in bianco con le sette erbe della primavera: si crede infatti che le erbe che germogliano in primavera allontanino gli spiriti malefici e prevengano ogni genere di malattia.
Il giorno seguente, l’8 gennaio è il giorno del dondo-yaki 「どんど焼き」 il falò rituale di inizio anno: in questo giorno, infatti, vengono tolte tutte le decorazioni di fine anno e si portano al santuario per la cerimonia del dondo-yaki. Questo rituale consiste principalmente nell’accendere un grande falò costruito con bambù, cedro e sterpaglie per poi buttarci dentro e bruciare diversi oggetti legati alle feste di capodanno, insieme a tutti i talismani dell’anno passato che hanno esaurito la loro funzione, come gli omamori e hamaya.
Il falò rituale purifica e libera il toshigami che ha trovato dimora nei kadomatsu, per permettergli di tornare in cielo, e terminare così le celebrazioni.
Infine, il 15 gennaio è koshogatsu「小正月」il “piccolo Capodanno” che segnava la fine del periodo tradizionale di matsu no uchi e quindi il termine del periodo di festa per il nuovo anno.