Quando c’era Marnie 思い出のマーニー

Il film è finito, scorrono i (bellissimi) titoli di coda con il sottofondo della struggente colonna sonora di Priscilla Ahn, e sento un profondo senso di commozione: la storia è delicata e potente allo stesso tempo, e toccante, nel senso che va a sollecitare quelle corde nascoste nell’anima di chi non può che riconoscersi in quella ragazzina di 12 anni che soffre.

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Quando c’era Marnie (Omoide no Mānī) è l’ultimo lungometraggio dello Studio Ghibli, diretto da Yonebayashi Hiromasa (ha diretto anche Arietty-Il mondo segreto sotto il pavimento), adattamento cinematografico del romanzo della scrittrice britannica Joan G. Robinson, When Marnie Was There. Si tratta di un film per certi versi differente da come siamo stati abituati da Miyazaki e Takahata, il film è tipicamente Ghibli nelle tematiche, nei disegni, ma allo stesso tempo si discosta, nel suo essere più intimista, e anche se a detta di molti questo rappresenta un punto debole nell’incisività del film, a mio modesto parere invece non la intacca affatto.

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La storia di per sé è piuttosto semplice: Anna, una ragazzina di 12 anni, timida e introversa, vive in un mondo di solitudine, distaccata dalla famiglia e dai compagni di scuola, trova una sua dimensione nel disegno, una realtà in cui può chiudersi in sé escludendo il resto. Sente di essere al di fuori di tutto, ma soprattutto sente di non essere compresa né accettata, e questo la porta a non lasciar trasparire più alcuna emozione. Soffre di frequenti attacchi d’asma, e la precaria salute fisica non fa che acuire un disagio psicologico più profondo. La ragazza è orfana di entrambi i genitori, e la madre adottiva, nonostante il suo essere ansiosa e protettiva nei riguardi di Anna, non riesce a farle arrivare l’amore che prova per lei. Tuttavia, per cercare di aiutarla a superare sia la malattia che la sua sofferenza, la madre la manda da una coppia di parenti che vivono in un paesino dell’Hokkaido a trascorrere l’estate. Anna ha difficoltà a inserirsi nel nuovo ambiente, nonostante l’accoglienza calorosa dei suoi simpatici zii, ama la solitudine e vive nel suo mondo fatto di schizzi che disegna sul suo album. Intorno a lei c’è un’umanità con cui fa fatica a relazionarsi, e la sera della festa di Tanabata (visivamente magistrale) rende ancora più evidente quel disagio esistenziale. Eppure, grazie all’incontro e al rapporto che instaura con una ragazza misteriosa di nome Marnie, Anna a poco poco tornerà nuovamente ad aprirsi alla vita e agli altri. Il nucleo della storia è in questa amicizia speciale, grazie alla quale Anna supera le proprie paure compiendo un percorso di crescita che la aiuterà a trovare un suo posto nel mondo, ma allo stesso tempo il ruolo di Marnie non si esaurisce nel suo essere la semplice controparte di Anna, il suo mistero prende forma e si dipana lentamente fino a giungere a un finale che, almeno fino a un certo punto, è totalmente inaspettato.

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La storia è quella classica del romanzo di formazione e della scoperta di se stessi, in cui gioca un ruolo fondamentale l’amicizia tra Marnie e Anna che si muove su un piano in cui i confini tra presente e passato e tra realtà e sogno si fanno sfumati. Tanti i temi toccati, quello della solitudine e dei legami famigliari, la scoperta di chi siamo, il senso di diversità e del non sentirsi accettati che probabilmente molti di noi hanno sperimentato sulla propria pelle almeno una volta nella vita. E soprattutto c’è la sofferenza delle due giovani che scorre in parallelo e la paura di mostrarsi in tutta la propria vulnerabilità al mondo. Ma allo stesso tempo c’è una spinta positiva, la voglia di vivere ed essere felici nonostante tutto, di non arrendersi davanti alle avversità della vita e di trovare il proprio posto nel mondo, il nostro angolo di felicità.

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La narrazione coniuga sapientemente l’aspetto più fantastico con i ritmi lenti e realistici della vita di provincia, sebbene quella sensazione di stupore e meraviglia tipica dei film Ghibli sia stavolta meno potente, prediligendo piuttosto l’introspezione. Bellissimo come sempre il disegno, con quegli scenari così vividi, in grado di trasportarci direttamente nella storia e nella realtà vissuta dai personaggi.

Ho amato molto questo film, a mio parere perfetto così. Non ho letto il romanzo da cui è tratto e non so se c’è qualcosa nell’adattamento che non funziona rispetto alla storia originale, forse non raggiungerà le vette di altri capolavori targati Studio Ghibli,  ma finché una storia è in grado di emozionarmi direi che vale comunque la pena, e continuo a sperare che lo Studio Ghibli continui a farmi emozionare, nonostante la promessa che questo sarebbe stato l’ultimo film.

Una breve nota finale la lascio circa la distribuzione e l’adattamento della Lucky Red. Continuerò ad essere grata per l’opportunità di vedere questi film al cinema, che probabilmente non arriverebbero mai altrimenti, anche se non capisco perché si debba sempre trattare di un evento di pochi giorni, e non ci sia modo di distribuirli per un periodo vagamente più lungo. Anche la scelta del periodo mi sembra un po’ infelice, è vero che sono andata allo spettacolo pomeridiano, ma la sala in pratica era vuota, il che è un grande peccato.

Per quanto riguarda l’adattamento dei dialoghi, per me continua ad essere un grosso NO, mi dispiace, per l’ennesima volta mi sono ritrovata a sentire frasi contorte e dalla sintassi dubbia, una dose eccessiva di “capisco”, di “finire per”, di “pur” che mi risultano difficili da digerire. Purtroppo si continua sulla strada della traduzione didascalica ormai intrapresa da parecchio tempo e pare non ci sia alcuna intenzione di provare almeno a rivedere qualcosa. Lo ritengo un gran peccato, perché continuo a pensare che un adattamento fedele e che in italiano risulti vagamente naturale sia possibile, e perché comunque sento che toglie qualcosa a un bellissimo film, che alla fine risulta meno godibile.

Daniela

Yamatologa per caso, traduttrice per passione, sognatrice di professione. Un vita in bilico tra Roma e il Giappone, e una passione per la fotografia, la cucina, i libri e i gatti.

3 Comments
    1. Mi ero dimenticata di rispondere al tuo commento, comunque è vero, è stato un film davvero bello e toccante, anche se leggendo in giro non tutti sembra che l’abbiano apprezzato, anche se posso capirne i motivi, visto le tematiche trattate e l’aspetto intimista. Ciao a te! 🙂

      1. Chi si aspettava il classico film Ghibli è rimasto deluso, perchè qui l’intima magia dei sentimenti è reale, e anche i fantasmi sono più palpabili, meno fantastici e mitologici 😀
        Bacio
        Sid

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